Spaccio uva a volpi basse è la storia di un attore che per andare in scena doveva affittare il teatro e pagarlo di tasca propria, afferrare gli spettatori per strada uno a uno e fare il buttadentro per convincerli a entrare in sala. Gli pagava anche il biglietto d’ingresso.

Negli ultimi tempi (bui!) della sua vita artistica si era spinto a servirgli anche un aperitivo prima dell’inizio dello spettacolo. L’attore in questione è uno scrittore che per anni ha dovuto fare tutto da solo nonostante avesse firmato contratti e sottoscritto impegni editoriali. Maurizio Sbordoni ha sbaragliato i draghi e lottato con i mulini a vento dell’editoria italiana per decenni, onorando sempre l’unico comandamento che ogni artista deve rispettare: si va in scena anche se c’è un solo spettatore.
Ma i suoi spettatori erano centinaia. Poi un giorno ha rotto gli argini.
Come Mozart nel film di Salieri davanti all’imperatore, che dopo una sua esibizione si limitò a un silenzio sdegnato e a un’alzata di sopracciglio, ha spalancato le porte per farsi giudicare da quelli che ascoltavano di nascosto. Quelli ai quali i suoi libri, invece, suonavano bene ma che in un teatro qualcuno preferiva non entrassero mai.